mercoledì 27 maggio 2015

ISOLE CANARIE









Las Palmas di Gran Canaria


L’oceano riflette, intensificandone la tonalità, l’azzurro del cielo, mentre il sole dei tropici risplende per quasi 365 giorni l’anno. Sette isole d’origine vulcanica, sferzate dagli Alisei, a poche miglia di distanza dalla costa del Marocco. Sono queste le Canarie, un arcipelago di  appena 7.447 chilometri quadrati di superficie complessiva in territorio spagnolo, dichiarate dall’Unicef:”Area geografica con il miglior clima al mondo”. Meta privilegiata di turisti balneari provenienti soprattutto dal nord Europa, da un punto di vista amministrativo, la Comunidad Autonoma delle Canarie consta di due province: Las Palmas, da cui dipendono Gran Canaria, Lanzarote e Fuerteventura e Santa Cruz de Tenerife da cui dipende Tenerife, La Palma, La Gomena ed El Hierro. Arrivandovi in aereo, la prima impressione che si ha, è di un paesaggio brullo ed arido, condizione d’altra parte indicativa del fatto che da questa parti piova davvero molto poco. Quando poi però si atterra e dopo aver svolto le snelle pratiche aeroportuali ci si dirige verso i diversi agglomerati urbani, è difficile non rimanerne affascinati. Burocrazia efficiente, gente allegra e cordiale, rispetto per l’ambiente, case bianche in stile coloniale e giardini d’orchidee e bouganville ovunque. Le “Isole dell’eterna primavera” o “Isole Fortunate” com’erano chiamate un tempo, d’altra parte, attirano oggi, qualcosa come dodici milioni di turisti l’anno; un business notevole mosso per circa il 50% da Tedeschi ed Inglesi. La posizione geografica ultra-periferica rispetto al resto d’Europa ha fatto si, inoltre, che le Canarie fossero favorite da un regime fiscale e tributario altamente competitivo già a partire dal secolo scorso. Oggi la Zona Speciale Canaria (ZEC) è un’area a basso regime tributario, creata nel quadro del Regime Economico e Fiscale (REF) allo scopo di promuovere lo sviluppo economico e sociale dell’arcipelago e di diversificarne la produttività. Un carico fiscale fra l’1 ed il 5%, IVA al 5%, sgravi fiscali sulle esportazioni e le importazioni di merce, sono solo alcuni dei considerevoli vantaggi nell’intraprendere un’attività da queste parti. Non è un caso che negli ultimi anni, sono moltissimi gli italiani che hanno deciso di trascorrervi le vacanze così come molti sono i nostri connazionali che hanno deciso di mollare tutto in Italia e di trasferirsi qui per l’inizio di una nuova avventura di vita e di lavoro.

martedì 19 maggio 2015

LE INTOLLERANZE ALIMENTARI IN GELATERIA



Il confine che delimita, da un punto di vista eziologico, sintomatico, diagnostico e persino normativo, le intolleranze dalle allergie alimentari, è spesso labile e poco definito. In linea di massima, possiamo dire che nell’allergia ad un determinato alimento, l’organismo reagisce all’ingestione dello stesso, con una risposta infiammatoria che spesso interessa diversi organi e che è mediata dal sistema immunitario. Nel caso delle intolleranze invece, di solito è interessato solo un organo o apparato, come ad esempio l’intestino tenue nella celiachia e non vi è mediazione da parte del sistema immunitario. Ciononostante, vi sono diverse scuole di pensiero che tendono a spostare dall’una o dall’altra parte della “barricata”, le diverse patologie. Nel caso della intolleranza al glutine, ad esempio, secondo la più recente definizione dell’ESPGHAN del 2012, (Hubsky et al, 2012) “la celiachia è un disordine sistemico immuno-mediato provocato dall’ingestione di glutine e/o prolammine simili, in individui geneticamente predisposti”. In molti casi, d’altra parte, l’intolleranza al glutine, è considerata un disordine circoscritto all’apparato gastrointestinale, ovvero all’intestino tenue anche se poi, i danni alla mucosa intestinale causati dall’intolleranza, che si riflettono in un malassorbimento di tutti i nutrienti, alla lunga finiscono per coinvolgere l’intero benessere psicofisico del soggetto con problemi secondari generalizzati e diffusi anche ad altri organi (dermatiti, patologie autoimmuni secondarie etc).

Il legislatore, nel normare da un punto di vista giuridico questo settore, si è focalizzato essenzialmente sulle “allergie alimentari”, tralasciando il tema delle intolleranze, fortunatamente con la dovuta eccezione proprio della celiachia che è stata, recentemente, riconosciuta, come malattia sociale ed è, in termini statistici, la più diffusa intolleranza alimentare a livello mondiale.

Lo spettro dello scibile in tema d’intolleranze alimentari in gelateria è quindi estremamente vasto e sarebbe impossibile trattarlo esaurientemente ma soprattutto in maniera precisa, completa e dettagliata in un solo articolo. Ci limiteremo, questa volta, a parlare solo delle intolleranze alimentari, focalizzandoci in particolar modo, soprattutto su quelle di maggiore interesse, sia per diffusione sociale che per maggiore attinenza in gelateria, ovvero l’intolleranza al glutine e l’intolleranza al lattosio, dando dei cenni introduttivi generali su cosa sono questi disturbi, la differenza con le allergie e la normativa di riferimento cogente, ovvero gli obblighi giuridici che il gelatiere ha, nel tutelare eventuali avventori che dovessero esserne affetti, rimandando ad un articolo successivo l’approfondimento sulle allergie e le altre forme d’intolleranza.


Differenza fra allergia e intolleranza alimentare

Secondo l’European Food Information Council (EUFIC), la reazione negativa al cibo è spesso erroneamente definita allergia alimentare. In molti casi è provocata da altre cause come un’intossicazione alimentare di tipo microbico o un’intolleranza ad un determinato ingrediente di un alimento”.  Nel definire quindi, che cosa sia una intolleranza alimentare è bene avere chiara la differenza fra quest’ultima e le allergie, solitamente ben più gravi, sia da un punto di vista sintomatico che per il tipo di riposta infiammatoria innescata. L’EUFIC infatti, prosegue dicendo: “L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleranza ad alimenti o a componenti alimentari, che attiva il sistema immunitario. Un allergene ovvero una proteina presente nell’alimento a rischio che nella maggioranza delle persone è del tutto innocua, provoca, nel soggetto allergico, una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: prurito, naso che cola, tosse o asma (Fig. 1)

    Fig. 1

Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita”.
Nell’allergia alimentare, quindi, la reazione dell’organismo, all’introduzione di un alimento, normalmente innocuo per la maggior parte delle persone, viene invece percepita, come una minaccia, attivando una serie di reazioni che coinvolgono il sistema immunitario. La reazione dell’organismo all’ingresso di questa “minaccia” ovvero di un allergene, stimola, la produzione di anticorpi, in pratica proteine che si legano ad altre proteine, ovvero agli allergeni, per poterli rendere innocui e quindi eliminarli. In questo complesso meccanismo, una particolare categoria di anticorpi che prende il nome di immunoglobuline E ( Ig E ),  reagisce con l’allergene scatenando una ulteriore reazione con i mastociti (cellule dei tessuti), i leucociti basofili e le piastrine (cellule del sangue) . I mastociti, detti anche mastocellule (dal tedesco mastzellen, "cellula infarcita"), di forma tondeggiante, localizzati al livello del tessuto connettivo, ovvero al di sotto del rivestimento epidermico di naso, gola, apparato respiratorio, occhi e intestino, a seguito del contatto diretto o indiretto con l’allergene, rilasciano una sostanza chiamata istamina o altre sostanze quali i leucotrieni e le prostaglandine, che provocano reazioni, come appunto l’asma, gli starnuti il prurito o l’arrossamento. Le reazioni negative sono immediate e di solito localizzate. Alcune reazioni allergiche impiegano varie ore o addirittura giorni a manifestarsi dopo l’esposizione ad una proteina estranea. In questo caso parliamo di "reazioni di ipersensibilità ritardata". Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, la reazione allergica è di forma lieve, alcune volte però, può essere molto seria ed in rari casi addirittura letale ( vedi shock anafilattico).
L’incidenza delle allergie alimentari nella popolazione, sulla base di diversi studi e trials clinici condotti in doppio cieco, ovvero alternando l’assunzione dell’allergene con un placebo (una sostanza somministrata al paziente come farmaco ma priva di principi attivi), è di circa l’1 - 2%. Apparentemente non sembra tanto, ma proviamo a pensare che in gelateria, ogni 100 persone che entrano, come minimo, una o due di queste soffrono di una qualche forma più o meno grave di allergia alimentare. Nel bambini piccoli e negli adolescenti, questa percentuale, fra l’altro, sale di diversi punti, fino a collocarsi in una media fra il 3 ed il 7%. Fortunatamente, molte di queste allergie alimentari, manifestatesi in età pediatrica, scompaiono o comunque si affievoliscono molto, nel corso dell’adolescenza.
Sebbene le allergie alimentari possano manifestarsi, praticamente con qualsiasi alimento, ne esistono alcuni per cui, le possibilità di scatenare una reazione allergica nei soggetti predisposti, sono maggiori. Fra i principali “allergeni alimentari” ricordiamo le uova, la frutta, le arachidi, la soia, il grano, il latte vaccino e vari tipi di noci e nocciole. In particolare le noci o le arachidi, sono note per essere causa, di reazioni allergiche particolarmente gravi, fino allo shock anafilattico.



Dopo aver chiarito che cosa sia un’allergia alimentare e i suoi meccanismi, possiamo dire che nel caso delle intolleranze alimentari invece, la reazione infiammatoria dell’organismo all’allergene, non è mediata dal sistema immunitario. La diffusione nella popolazione inoltre è solitamente molto maggiore. Da un punto di vista storico-statistico, infatti, un significativo aumento delle intolleranze alimentari, si è avuto a partire dal 1940, quando le abitudini alimentari, degli italiani,  sono cominciate a cambiare. L’introduzione degli alimenti da industria alimentare e l’utilizzo di additivi quali conservanti, coloranti, antiossidanti, ha sensibilmente incrementato le intolleranze, che permangono maggiormente presenti nei paesi più industrializzati, rispetto ai paesi in via di sviluppo. Al giorni d’oggi, in termini probabilistici, qualunque cliente entri in gelateria, potrebbe essere più o meno intollerante ad un qualche ingrediente presente nel gelato. In realtà va precisato che il gelato è un alimento particolarmente a rischio allergeni, proprio perché preparato con uova, latte, frutta secca o a guscio (sostanze inserite nella legge 114/2006). Il rischio contaminazione, ad esempio per il celiaco, potrebbe derivare non solo dalle materie prime ma dalla presenza in tracce, di glutine in alcuni stabilizzanti utilizzati nella produzione, oppure nell’utilizzo di latte in polvere o dei comuni semilavorati in gelateria. Spesso infatti, quando guardiamo la lista ingredienti di un gelato, ci focalizziamo sulle uova, il latte, la frutta. Tutti ingredienti, privi di glutine ma ci dimentichiamo della possibile di contaminazione in tracce, derivante non dalle materie prime ma bensì dagli additivi o da passaggi nella produzione di determinati ingredienti.  



Nella seguente tabella riassuntiva vengono elencate le diverse tipologie di prodotti di possibile utilizzo in gelateria e la loro idoneità per il consumatore celiaco.


Fra le diverse intolleranze,  le due più frequenti, oltre che per incidenza, anche per ordine d’importanza, sono proprio l’intolleranza al glutine e quella al lattosio. Fra l’altro entrambe sono di rilievo per il gelatiere, proprio perché coinvolgono due fra gli ingredienti, maggiormente utilizzati nella produzione del gelato e dei supporti (coni, cialde etc.).

Intolleranza alimentare al lattosio


A norma di legge per “latte alimentare” deve intendersi (art. 15 r.d. 994/9 maggio 1929) “il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa, della mammella di animali in buono stato di salute e di nutrizione”. Con il termine latte si intende quello prodotto dalla vacca, ovvero il cosiddetto “latte vaccino” mentre quello proveniente da altri animali porta la denominazione della specie animale che lo produce. Come ogni altro tipo di latte, anche quello vaccino, comunemente utilizzato nella produzione gelatiera è una miscela complessa di componenti di varia natura, presenti sia allo stato di soluzione vera (sali, vitamine idrosolubili, sostanze azotate non proteiche, zuccheri), sia allo stato colloidale (proteine e parte dei fosfati e citrati di calcio) sia allo stato di fine emulsione (lipidi e vitamine liposolubili).  Il latte di vacca, è mediamente composto dal 3,3 – 4% di grassi, 2,8 – 3,3% di proteine, 4,8 – 5% di carboidrati, 0,6 – 0,8% di Sali minerali, e la restante parte 86,9% - 88,5% di acqua (Fig. 2). L’intolleranza alimentare al lattosio, riguarda proprio quel 4,8-5% di carboidrati, ovvero di zuccheri ingeriti e vediamo come questo avviene.


    Fig. 2
 
Il lattosio rappresenta la quasi totalità degli zuccheri presenti nel latte vaccino, con una percentuale del 98% sul quantitativo complessivo di carboidrati. Si tratta di un carboidrato semplice disaccaride, costituito da due monosaccaridi ( Glucosio e Galattosio).  L’indice glicemico del lattosio, ovvero la velocità con cui esso è assimilato dall’organismo umano è pari a (46) ed è circa la metà dell’indice glicemico del glucosio (100). 
Riguardo al consumo di latte in età adulta, va fatta una precisazione doverosa. Tutti i mammiferi ad eccezione dell’uomo, una volta terminato lo svezzamento, cessano di consumare latte. Anche perché le ghiandole mammarie, della madre, smettono di produrne. L’uomo fa eccezione a questa regola, continuando a consumare latte, anche in età adulta, seppur di specie diversa. Secondo molti Biologi, l’introduzione del latte extra-specie, ovvero di una specie diversa, nell’alimentazione umana, è un fatto cronologicamente piuttosto recente e risalirebbe ad una mutazione genetica, avvenuta non più di 7000 anni fa. In pratica, qualche migliaio di anni addietro ci sarebbe stata una mutazione genetica che avrebbe consentito la digestione del latte anche in età adulta, cosa che prima non era possibile.
Una volta ingerito il latte, infatti, affinché il lattosio venga scisso nei due zuccheri semplici (glucosio e galattosio) e quindi possa essere immesso in circolo per essere poi assorbito, è necessario un enzima presente a livello dell’intestino tenue, detto lattasi. La mutazione genetica che avrebbe consentito la persistenza della lattasi, anche in età adulta, non sarebbe diffusa omogeneamente fra la popolazione e ciò spiegherebbe la ragione per cui esistono individui privi di lattasi in età adulta, ovvero incapacitati a digerire il lattosio, mentre altri no. In pratica, mentre nella persona “non intollerante”, il lattosio viene scomposto a livello dell’intestino tenue, dalla lattasi, in glucosio e galattosio, che entrano subito in circolo ematico, nei soggetti intolleranti al lattosio, dove l’attività enzimatica della lattasi è ridotta o in alcuni casi assente, il lattosio prosegue il suo percorso intestinale fino all’intestino crasso, dove subisce una fermentazione ad opera della microflora intestinale locale. Questo comporta sintomi come gonfiori crampi addominali, flatulenza o diarrea.
Secondo alcuni studi, circa il 70% della popolazione mondiale, soffrirebbe di una più o meno ridotta attività dell’enzima lattasi. In Europa, sarebbe invece il 5% della popolazione a manifestare carenza di lattasi, con significative variazioni in base al paese ed al ceppo di origine. Numeri che, fra l’altro, sono in aumento nel vecchio continente, ma non solo. Appare evidente, quindi, che il gelatiere artigianale, dovrà prestare particolare attenzione al fatto che molti dei suoi clienti, potrebbero essere intolleranti al lattosio. Anche in questo caso, una offerta parallela alla tradizionale produzione di gelato, che tenga conto delle necessità, di questo tipo di clientela, può essere un buon modo per differenziarsi dalla concorrenza e ritagliarsi una posizione di nicchia, nel mercato del gelato della propria zona. 

Intolleranza al lattosio: “legislazione e obblighi”
Dal 13 Dicembre 2014, al termine dei tre anni di periodo transitorio dato dal legislatore per adeguarsi, diventerà legge, ovvero “norma cogente”, il Regolamento Europeo 1169/2011 (in vigore dal 2011) che obbliga chiunque tratti alimenti, a produrre un’etichetta completa, chiara e dettagliata che includa l’indicazione degli allergeni.
Fermo restando che, come abbiamo sottolineato in precedenza, quasi tutti gli ingredienti possono dare, nei soggetti predisposti, intolleranze ma che solo alcuni ingredienti possono dare allergie alimentari, la comunità europea, con la direttiva allergeni Dir. 2000/13/CE e successive modifiche ( quali  Direttiva 2001/101/CE, Direttiva2002/67/CE, Direttiva 2003/89/CE, Direttiva 2006/107/CE, Direttiva 2006/142/CE, Regolamento (CE) n. 1332/2008, Regolamento (CE) n. 596/2009 ), ha imposto l’obbligo di indicare, sulle etichette dei prodotti sfusi, ogni sostanza che appartenga all’elenco (Fig. 3) dei potenziali allergeni (così come riportato nell’allegato III del Dlgs n. 114 dell’8 febbraio 2006, in attuazione delle direttive 2003/89/CE, 2004/77/CE e 2005/63/CE in materia di indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari - GU n.69 del 23-3-2006 - entrato in vigore il 7/4/2006 ), al fine di assicurare un’informazione adeguata e raggiungere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori. 



Di fatto, secondo il Regolamento Europeo 1169/2011, la redazione di un etichetta alimentare dovrà essere basata su criteri di assoluta trasparenza ai fini della salvaguardia della salute dei consumatori. L’obbligo sarà quindi, non solo per il prodotto confezionato, ma anche per la vendita sfusa (gelaterie, pasticcerie ecc.). Il cliente dovrà sempre avere a disposizione il libro-giornale degli ingredienti, conoscerne l’origine e le indicazioni allergeniche.
Ricordiamo infine, a riguardo soprattutto della prevenzione del rischio intolleranza al lattosio e quindi in merito alla corretta informazione al cliente, di esporre nella gelateria, il “Cartello Unico”, (Fig. 4) degli ingredienti. Lo schema di cartello unico degli ingredienti che rientra negli strumenti previsti dalla normativa europea (Regolamento Europeo 1169/2011) e nazionale (D.lgs. 109/1992) sulla etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari a tutela del consumatore, dovrà essere esposto ben visibile al pubblico in tutti gli esercizi in cui si vendono per asporto prodotti di gelateria, pasticceria, panetteria e gastronomia. A partire dal 13 dicembre 2016, , sempre in base al Regolamento Europeo 1169/2011, vigerà l’obbligo, per i produttori, di redigere anche “una  dichiarazione nutrizionale”.


    Fig. 4



 Intolleranza alimentare al glutine (Celiachia)

 
Il termine "celiaco" deriva dal greco koiliakós, "addominale", ed è un vocabolo introdotto nel 1800, grazie alla traduzione di un testo medico antico, redatto nel primo secolo d.c. da parte del medico Areteo di Cappadocia, il quale la denominò “diatesi celiaca”, ovvero  “alterazione intestinale”.

Secondo alcuni studiosi, le origini storiche della malattia celiaca risalirebbero a circa 10.000 anni fa quando fu introdotta la coltivazione dei cereali nella zona della cosiddetta “Mezza Luna Fertile” (Siria, Israele, Iran, Iraq). In seguito, tale coltivazione si estese in tutta Europa, diffondendo, di conseguenza, la malattia in tutto l’occidente. Storicamente, la celiachia era molto meno diffusa di adesso ed in molti si sono chiesti il perché dell’incremento della diffusione di questo disturbo. Una chiave di lettura la da certamente la genetica, ma non può essere considerata la sola responsabile. Certamente la predisposizione genetica ha la sua importanza, come fra l’altro è stato dimostrato dall’individuazione di alcuni geni coinvolti, sul cromosoma 6 (Sollid et al, 2005; Louka et al, 2003; Trynka et al, 2010; Bourgey et al, 2007; Margaritte et al, 2004), ma pare che anche l’ambiente abbia giocato e giochi un ruolo importante nello sviluppo della malattia. Il prolungato allattamento al seno, fino ai quattro anni, nell’antichità e fino a un anno di età, agli inizi del secolo scorso, costituiva, ad esempio, un fattore protettivo, dovuto probabilmente alle difese immunitarie trasmesse dalla madre al piccolo attraverso il latte, e che oggi è andato perso. L’elevata mortalità infantile dei bambini, intolleranti al glutine, inoltre, non consentiva il diffondersi della predisposizione genetica. Non bisogna inoltre dimenticare che secoli addietro i cereali, venivano assunti, solo a seguito di lunghe fermentazioni acide oppure di prolungate cotture, che inattivavano in maniera totale o parziale l'attività tossica, o almeno quella allergenica del glutine. Oggi, la nostra alimentazione è completamente cambiata rispetto al passato. Il diffondersi di molti prodotti a base di grano duro, ricchi di glutine ed una cottura spesso insufficiente, hanno contribuito al diffondersi dell’intolleranza.

L’Associazione Italiana Celiachia (AIC), attualmente la principale organizzazione indipendente italiana che si occupa d’intolleranza al glutine e della tutela delle persone affette, in un recente studio, ha stimato che l‟incidenza della Celiachia nella popolazione è di un caso ogni 100/150 individui. I celiaci italiani, sarebbero quindi, fra le 400.000 e le 600.000 unità. Un numero considerevole ed in costante aumento, sebbene, per molti epidemiologi, sottostimato. Il Professor Richard Logan, ebbe a dichiarare, nel 1992, che “la celiachia è come un iceberg, la cui punta è costituita dai soggetti diagnosticati ed il sommerso da quelli non riconosciuti”.
Ma che cos’è esattamente la celiachia ?
Meglio definita come “intolleranza al glutine”, la celiachia in realtà è una intolleranza ad alcuni tipi di proteine di cui il glutine è costituito, ovvero le “prolammine”. Tali proteine, contenute in alcuni cereali, per ingestione indurrebbero in individui geneticamente predisposti, il morbo celiaco. Il glutine (dal latino gluten = colla), è una proteina che si origina dall'unione, in presenza di acqua ed energia meccanica, di due tipi di proteine: la gliadina e la glutenina, prolammine presenti principalmente nell'endosperma delle cariosside di cereali quali frumento, farro, segale, avena e orzo. I celiaci, a seguito d’ingestione di quantitativi anche minimi di prolammine, sviluppano dei danni più o meno marcati alla mucosa dell’intestino tenue (Fig. 5)



L’alterazione morfologico-funzionale della parete del lume intestinale, comporta una sintomatologia immediata come gonfiore addominale, crampi, diarrea, ma a causa dell’alterazione nell’assorbimento dei principali nutrienti, può portare nel tempo, a patologie autoimmuni, quali ileite ulcerativa, dermatite erpetiforme o addirittura a neoplasie dell’intestino tenue. Attualmente si stima che l’80% degli ammalati di celiachia non ne sia consapevole.
Nel soggetto intollerante, una volta ingerito un qualunque alimento contenente glutine ed una volta che il “bolo alimentare” raggiunge il primo tratto intestinale, ovvero quello dell’intestino tenue, le pareti di rivestimento di quest’ultimo si danneggiano, precludendo le normali funzioni di assorbimento dei nutrienti essenziali quali grassi, proteine e carboidrati. I sintomi includono astenia (debolezza), crampi e dolori addominali, diarrea e perdita di peso. L’esclusione di alimenti contenenti glutine, gradualmente porta alla remissione dei sintomi ed all’autoriparazione dei danni intestinali.
L’intolleranza al glutine può comparire sia nel bambino che nell’adulto a qualunque età. Solitamente la celiachia nel bambino, compare dopo lo svezzamento a distanza di un mese dalla prima introduzione del glutine. La sintomatologia nella maggior parte dei casi, evidenzia un quadro clinico caratterizzato da diarrea, vomito, anoressia, irritabilità, arresto della crescita o calo ponderale. Nell’adulto invece, la celiachia può comparire a qualsiasi età, solitamente a seguito di un forte stress o di una infezione intestinale


Intolleranza al glutine: “legislazione e obblighi”
Come già ricordato per l’intolleranza al lattosio, così come per qualunque altra eventuale e potenziale intolleranza in gelateria, la normativa principale a cui bisogna fare riferimento è il D.lgs. 109/1992  e soprattutto il nuovo Regolamento Europeo 1169/2011 che obbliga chiunque tratti alimenti, a produrre un’etichetta completa, chiara e dettagliata che includa l’indicazione degli allergeni a margine di ciascun ingrediente o per diversa sua fonte. Il testo attuale del regolamento (UE) n. 1169/11, d‘altra parte, non sembra lasciare molto spazio al buon senso. Viene infatti prescritto di ripetere la presenza di ingredienti allergenici, pur già segnalati, in relazione a ogni loro specifica fonte: ingredienti, additivi, coadiuvanti o altro.
Nel caso della celiachia, è importante quindi, per il gelatiere, garantire la corretta comunicazione degli ingredienti presenti nel gelato ed in tutti quei composti ove è presente glutine, anche in tracce. Ogni prodotto deve essere accompagnato da relativa composizione che può essere riportata in un cartello vicino ad ogni singola preparazione, nei pressi della vetrina espositiva, con il cartello unico ben visibile o con qualunque altro metodo che permetta un facile ed intuitivo collegamento tra singolo prodotto ed indicazione dei rispettivi ingredienti ed eventuali allergeni, come il glutine nel caso specifico.


La preparazione di un gelato privo di glutine, ad ogni modo, presuppone un’attenzione e spesso, laddove possibile, una suddivisione delle linee produttive, che non si può improvvisare. Tutte le fasi di produzione di un gelato privo di glutine, dovranno essere perfettamente separate da quella del gelato tradizionale, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime, al trasporto che dovrà garantire contenitori a chiusura ermetica perfetta, allo stoccaggio, alla produzione sino ad arrivare agli utensili adoperati nella fase di somministro. In quei casi in cui, per diverse ragioni non sarà possibile differenziare le due linee produttive, esse dovranno essere diversificate nel tempo e i processi di pulizia e sanificazione dei macchinari e degli utensili, rigorosi controllati ed inclusi come punti critici CP, nel piano di autocontrollo, proprio per evitare qualunque contaminazione crociata in tracce, di glutine.

A tal proposito ricordiamo che l’AIC (Associazione Italiana Celiachia) ha varato un progetto interessante e già attivo, che mira a creare un network di gelaterie informate e sensibilizzate, sulle modalità di preparazione e somministrazione del gelato privo glutine. In suddette gelaterie che espongono un logo (Fig. 6), il personale ha seguito corsi appositi, tenuti da personale qualificato AIC, sui requisiti e le modalità di preparazione di un gelato sicuro e privo di glutine.



 


lunedì 18 maggio 2015

I VICINI SUDAMERICANI DEL PIANO DI SOPRA


Certo non avrei mai pensato che anche a Firenze mi sarei dovuto scontrare con quel tipo di atteggiamento molesto con cui convivo da circa quattro anni a questa parte. I vicini del piano di sopra, sudamericani (forse Peruviani ?) dicono di avere un nuovo ospite da pochi giorni, ovvero giusto da quando sono arrivato io a Firenze. Un ragazzo di 18 anni. Ovviamente dorme proprio sulla mia stanza ed ovviamente fa un sacco di rumore la notte, ovvero fra le 23 e le 7 di mattino.