venerdì 22 gennaio 2016

JOEY ALEXANDER:"LA RIVELAZIONE"


Raramente mi sono trovato in difficoltà ad iniziare un pezzo, eppure in questo caso, davvero non saprei da dove iniziare. Le cose da dire sarebbero davvero tante ed è difficile condensarle in poche righe. Partiamo da uno dei concetti esistenziali di base che scrissi qualche tempo fa:”...se è vero che l'uomo, ogni uomo, nell'infinitamente piccolo è fatto di atomi e che l’aria che si frappone fra quell'uomo e gli altri è fatta essa stessa di atomi, allora non vi è soluzione di continuità, non vi è divisione fra gli uomini. Siamo nel bene e nel male legati l’uno all’altro, in un sistema ove l'azione di uno, in un modo o nell'altro, influenzerà il destino anche degli altri.”. La cosa interessante di questo concetto è che non si tratta di fantascienza o metafisica, bensì di chimica/fisica reale, concreta. Ora, se è vero com'è vero che tutto il mondo materiale, umanità inclusa, è costituito da atomi e che il tutto è unito ed interconnesso, allora è lecito chiedersi cosa sia la musica ? Certo, qualche professore di fisica, dirà che la musica non è altro che delle frequenze sonore di differente lunghezza d'onda, emesse da uno strumento. Un matematico, basandosi su dati che prendono spunto dagli studi dell'antica scuola pitagorica, metterà in relazione la lunghezza della corda vibrante con le ottave. D'accordo ma la differenza fra la musica e tutto il resto dell'universo è che mentre “il tutto” è materia, costituita appunto da atomi, essa se ne discosta, rappresentando essenzialmente “vibrazioni” della materia, che in qualche modo - e tuttora non sappiamo esattamente come - influenzano la materia stessa, inducendo emozioni e stati d'animo nelle persone che la ascoltano ed in alcuni casi, ormai accertati dalla scienza medica, addirittura curano patologie, come nel caso della musicoterapia. Sostanzialmente, anche da un punto di vista prettamente scientifico, la musica permane un fenomeno ammantato di mistero. Così come misterioso è il talento di un musicista. Non si tratta solo di velocità esecutiva, di tecnica o di conoscenza armonica, anzi, spesso il musicista di talento ha una velocità di esecuzione inferiore ed una conoscenza teorica limitata rispetto a tanti altri musicisti privi del “dono”. Eppure il talento lo riconosci subito, dal tocco, dall'espressività. Anche una sola nota è in grado di trasmetterti emozioni profonde.

Un recente studio condotto dalla neuroscienziata Miriam Mosey, del Karolinska Institute in Svezia, su ben 1211 coppie di gemelli monozigoti e 1358 coppie di gemelli eterozigoti, ha messo in evidenza che il “talento musicale” è semplicemente una questione di “geni”. Lo studio, infatti, ha dimostrato come gemelli che avevano frequentato una scuola di canto o suonato uno strumento musicale per le stesse ore, mostravano abilità differenti, ovvero uno era più o meno bravo dell’altro ; adducendo la motivazione di questa differenza di capacità ai geni, cioè a un talento innato. In un caso, ad esempio, la Mosey e i suoi colleghi, hanno trovato una coppia in cui un gemello aveva fatto oltre 20 mila ore di pratica in più del suo gemello, ma, nonostante ciò, aveva ancora la stessa abilità musicale del fratello. http://www.universomamma.it/non-si-diventa-mozart-ci-si-nasce-il-talento-musicale-e-questione-di-geni/
Risulta quindi, del tutto evidente che consumarsi le dita su di uno strumento non servirà a diventare un “novello Mozart” se non si hanno alle spalle i geni del “talento musicale”. D'altra parte è anche vero che un talento musicale innato, senza studio, disciplina e costanza, difficilmente diventerà un bravo musicista. Solitamente, le strade per il successo, risulteranno spianate, quando talento, passione e impegno costante, coincidono. Anni e anni di studio e finalmente, un giorno, i tanto attesi risultati arriveranno.
Anni e anni di studio ? Ma è davvero sempre così ? Oppure esistono casi in cui la natura si ribella alle regole e sceglie percorsi nuovi, ancora più stupefacenti ed incredibili ? Sembrerebbe questo il caso del musicista del quale parleremo in questo articolo.
Circa un paio di settimane fa, casualmente, sul web vidi un filmato di un bambino di 10 anni, indonesiano di Bali, tale Joey Alexander che suonava alcuni pezzi jazz. 

Da quel momento non ho smesso di guardarne. Difficile credere ai propri occhi e soprattutto alle proprie orecchie. Tutte le regole descritte, sul talento, la passione o la costanza, qui vengono sovvertite. In pratica, questo scricciolo nato nel giugno del 2003, suona oggi in un modo e con una tale profondità che altri musicisti, seppur di “talento”, non raggiungono in tutta la loro esistenza.

Ovviamente siamo in presenza di un cosiddetto genio musicale, eppure, credo che qui si vada oltre. Qui siamo davanti ad una sovversione totale di tutte le regole naturali, forse persino genetiche. Probabilmente ci troviamo davanti ad una “rivelazione” nella storia evolutiva umana, Sostanzialmente, la conoscenza, il gusto ed il talento musicale, sarebbero trasmessi per “istinto” allo stesso modo per cui un cucciolo di una qualunque specie animale, una volta in acqua è in grado nuotare. La differenza, nel caso specifico della musica è che questo istinto, questa “innata conoscenza” è un dono riservato a pochi eletti. Voglio dire, come candidamente ammesso dallo stesso Joey in una intervista, mentre gli altri bambini prodigio, seppur capaci, parlano della loro età, focalizzando il tutto, sul fatto che quello che loro riescono a fare a sette, otto o nove anni, le persone normali, riescono a farlo solo con dieci, venti o trenta anni di età in più, Joey invece lascia parlare la musica. 
 
Non solo Joey suona il pianoforte con una tale dinamica e tecnica, che altri musicisti raggiungono solo a trenta o quaranta anni di età, dopo un master o un dottorato in Jazz, ma riesce a trasmettere una tale espressività e profondità, che suddetti musicisti non raggiungeranno, probabilmente mai in tutta la loro esistenza. 

Non si tratta quindi solo di un “bambino prodigio” che riesce a fare le “stesse cose” che altri esseri umani, riescono a fare solo una volta adulti, quindi precocemente, ma di un bambino che suona in un modo che la stragrande maggioranza degli altri musicisti, non riesce a raggiungere neppure da adulta.

Ricordiamo inoltre che stiamo parlando di Jazz, non di rock and roll, blues o pop. Qui parliamo di una musica, improvvisata al 98% e creata al momento, dove non basta imparare a memoria i riff, conoscere la pentatonica relativa al centro tonale di riferimento ed un buona dose di gusto, come nel blues o nel rock, per tirare fuori un bel solo e fare quindi una bella improvvisazione. Qui parliamo di musica con variazioni del centro tonale continue, dove bisogna conoscere il tessuto armonico del pezzo, oltre alle varie scale relative, sistema modale, armonia, composizione degli accordi, arpeggi, scale maggiori, minori etc., cromatiche, triadi, rivolti, licks, per riuscire a tirar fuori un solo decente. Bisogna, insomma avere, nel jazz, anni di studio e di conoscenza teorica alle spalle, per poter suonarlo “efficacemente”.

Eppure Joey, sembra istintivamente in grado di farlo da sempre. D'altra parte cosa può avere imparato un bimbo di sette anni che a malapena sa leggere e scrivere e che non è mai andato a lezione di musica ? 
Cosa porta la mente di questo bambino, a scegliere istintivamente su quali scale improvvisare, in relazione a quel preciso tappeto armonico o ad arrangiare perfettamente e con gusto sconvolgente, un brano di Duke Ellington, senza conoscere neppure la teoria musicale ? 

Joey Alexander nasce in una famiglia normalissima dove, come lui stesso dichiara in una intervista, il padre suonava ma non ad un livello professionale.
Apprende a suonare all'età di sei anni, inizialmente da una piccola tastiera giocattolo regalatagli dal padre. Cosa assolutamente importante e sconvolgente è che Joey non prende nessuna lezione di musica ma acquisisce tutte le nozioni, ascoltando i dischi dei grandi del jazz, che la famiglia aveva in casa. Assorbe nozioni e musicalità dai dischi dei grandi come Harry Connick, Jr., Bill Evans, Herbie Hancock, Miles Davis, Wynton Marsalis, Brad Mehldau, Lee Morgan, Horace Silver and McCoy Tyner. Il primo pezzo che impara da solo e ad orecchio è "Well, You Needn't" di Thelonius Monk.
 
Non esistono parole per preparare il lettore ad assistere alle esecuzioni di Joey Alexander, preferisco quindi fermarmi qui e lasciare spazio ai video di Joey, ringraziando Dio o chi per lui per aver fatto dono all'umanità intera di questa “rivelazione”.