Raramente
mi sono trovato in difficoltà ad iniziare un pezzo, eppure in questo
caso, davvero non saprei da dove iniziare. Le cose da dire sarebbero
davvero tante ed è difficile condensarle in poche righe. Partiamo da
uno dei concetti esistenziali di base che scrissi qualche tempo
fa:”...se
è vero che l'uomo, ogni uomo, nell'infinitamente piccolo è fatto di
atomi e che l’aria che si frappone fra quell'uomo e gli altri è
fatta essa stessa di atomi, allora non vi è soluzione di continuità,
non vi è divisione fra gli uomini. Siamo nel bene e nel male legati
l’uno all’altro, in un sistema ove l'azione di uno, in un modo o
nell'altro, influenzerà il destino anche degli altri.”. La
cosa interessante di questo concetto è che non si tratta di
fantascienza o metafisica, bensì di chimica/fisica reale, concreta.
Ora, se è vero com'è vero che tutto il mondo materiale, umanità
inclusa, è costituito da atomi e che il tutto è unito ed
interconnesso, allora è lecito chiedersi cosa sia la musica ? Certo,
qualche professore di fisica, dirà che la musica non è altro che
delle frequenze sonore di differente lunghezza d'onda, emesse da uno
strumento. Un matematico, basandosi su dati che prendono spunto dagli
studi dell'antica scuola pitagorica, metterà in relazione la
lunghezza della corda vibrante con le ottave. D'accordo ma la
differenza fra la musica e tutto il resto dell'universo è che mentre
“il tutto” è materia, costituita appunto da atomi, essa se ne
discosta, rappresentando essenzialmente “vibrazioni” della
materia, che in qualche modo - e tuttora non sappiamo esattamente
come - influenzano la materia stessa, inducendo emozioni e stati
d'animo nelle persone che la ascoltano ed in alcuni casi, ormai
accertati dalla scienza medica, addirittura curano patologie, come
nel caso della musicoterapia. Sostanzialmente, anche da un punto di
vista prettamente scientifico, la musica permane un fenomeno
ammantato di mistero. Così come misterioso è il talento di un
musicista. Non si tratta solo di velocità esecutiva, di tecnica o di
conoscenza armonica, anzi, spesso il musicista di talento ha una
velocità di esecuzione inferiore ed una conoscenza teorica limitata
rispetto a tanti altri musicisti privi del “dono”. Eppure il
talento lo riconosci subito, dal tocco, dall'espressività. Anche una
sola nota è in grado di trasmetterti emozioni profonde.
Un
recente studio condotto dalla neuroscienziata Miriam
Mosey, del
Karolinska Institute in Svezia, su ben 1211 coppie di gemelli
monozigoti e 1358 coppie di gemelli eterozigoti, ha messo in evidenza
che il “talento musicale” è semplicemente una questione di
“geni”. Lo studio, infatti, ha dimostrato come gemelli
che avevano frequentato una scuola di canto o suonato uno strumento
musicale per le stesse ore, mostravano abilità differenti,
ovvero uno era più o meno bravo dell’altro ; adducendo la
motivazione di questa differenza
di capacità ai
geni, cioè a un talento
innato. In un caso,
ad esempio, la Mosey e i suoi colleghi, hanno trovato una
coppia in cui un gemello aveva fatto oltre 20 mila ore di pratica in
più del suo gemello,
ma, nonostante ciò, aveva ancora la stessa abilità musicale del
fratello.
http://www.universomamma.it/non-si-diventa-mozart-ci-si-nasce-il-talento-musicale-e-questione-di-geni/
Risulta
quindi, del tutto evidente che consumarsi le dita su di uno strumento
non servirà a diventare un “novello Mozart” se non si hanno alle
spalle i geni del “talento musicale”. D'altra parte è anche vero
che un talento musicale innato, senza studio, disciplina e costanza,
difficilmente diventerà un bravo musicista. Solitamente, le strade
per il successo, risulteranno spianate, quando talento, passione e
impegno costante, coincidono. Anni e anni di studio e finalmente, un
giorno, i tanto attesi risultati arriveranno.
Anni
e anni di studio ? Ma è davvero sempre così ? Oppure esistono casi
in cui la natura si ribella alle regole e sceglie percorsi nuovi,
ancora più stupefacenti ed incredibili ? Sembrerebbe questo il caso
del musicista del quale parleremo in questo articolo.
Circa
un paio di settimane fa, casualmente, sul web vidi un filmato di un
bambino di 10 anni, indonesiano di Bali, tale Joey Alexander che
suonava alcuni pezzi jazz.
Da quel momento non ho smesso di
guardarne. Difficile credere ai propri occhi e soprattutto alle
proprie orecchie. Tutte le regole descritte, sul talento, la passione
o la costanza, qui vengono sovvertite. In pratica, questo scricciolo
nato nel giugno del 2003, suona oggi in un modo e con una tale
profondità che altri musicisti, seppur di “talento”, non
raggiungono in tutta la loro esistenza.
Ovviamente
siamo in presenza di un cosiddetto genio musicale, eppure, credo che
qui si vada oltre. Qui siamo davanti ad una sovversione totale di
tutte le regole naturali, forse persino genetiche. Probabilmente ci
troviamo davanti ad una “rivelazione” nella storia evolutiva
umana, Sostanzialmente, la conoscenza, il gusto ed il talento musicale,
sarebbero trasmessi per “istinto” allo stesso modo per cui un
cucciolo di una qualunque specie animale, una volta in acqua è in
grado nuotare. La differenza, nel caso specifico della musica è che
questo istinto, questa “innata conoscenza” è un dono riservato a
pochi eletti. Voglio dire, come candidamente ammesso dallo stesso
Joey in una intervista, mentre gli altri bambini prodigio, seppur
capaci, parlano della loro età, focalizzando il tutto, sul fatto che
quello che loro riescono a fare a sette, otto o nove anni, le persone
normali, riescono a farlo solo con dieci, venti o trenta anni di età
in più, Joey invece lascia parlare la musica.
Non
solo Joey suona il pianoforte con una tale dinamica e tecnica, che
altri musicisti raggiungono solo a trenta o quaranta anni di età, dopo un
master o un dottorato in Jazz, ma riesce a trasmettere una tale
espressività e profondità, che suddetti musicisti non
raggiungeranno, probabilmente mai in tutta la loro esistenza.
Non
si tratta quindi solo di un “bambino prodigio” che riesce a fare
le “stesse cose” che altri esseri umani, riescono a fare solo una
volta adulti, quindi precocemente, ma di un bambino che suona in un
modo che la stragrande maggioranza degli altri musicisti, non riesce
a raggiungere neppure da adulta.
Ricordiamo
inoltre che stiamo parlando di Jazz, non di rock and roll, blues o
pop. Qui parliamo di una musica, improvvisata al 98% e creata al momento, dove non basta imparare a memoria i riff, conoscere la
pentatonica relativa al centro tonale di riferimento ed un buona dose
di gusto, come nel blues o nel rock, per tirare fuori un bel solo e fare quindi
una bella improvvisazione. Qui parliamo di musica con variazioni
del centro tonale continue, dove bisogna conoscere il tessuto
armonico del pezzo, oltre alle varie scale relative, sistema modale,
armonia, composizione degli accordi, arpeggi, scale maggiori, minori
etc., cromatiche, triadi, rivolti, licks, per riuscire a tirar fuori
un solo decente. Bisogna, insomma avere, nel jazz, anni di studio e
di conoscenza teorica alle spalle, per poter suonarlo
“efficacemente”.
Eppure Joey, sembra istintivamente in grado di
farlo da sempre. D'altra parte cosa può avere imparato un bimbo di
sette anni che a malapena sa leggere e scrivere e che non è mai
andato a lezione di musica ?
Cosa porta la mente di questo bambino, a
scegliere istintivamente su quali scale improvvisare, in relazione a
quel preciso tappeto armonico o ad arrangiare perfettamente e con
gusto sconvolgente, un brano di Duke Ellington, senza conoscere neppure la teoria musicale ?
Joey Alexander
nasce in una famiglia normalissima dove, come lui stesso dichiara in
una intervista, il padre suonava ma non ad un livello professionale.
Apprende
a suonare all'età di sei anni, inizialmente da una piccola tastiera
giocattolo regalatagli dal padre. Cosa assolutamente importante e
sconvolgente è che Joey non prende nessuna lezione di musica ma
acquisisce tutte le nozioni, ascoltando i dischi dei grandi del jazz,
che la famiglia aveva in casa. Assorbe nozioni e musicalità dai
dischi dei grandi come Harry
Connick, Jr., Bill
Evans, Herbie
Hancock, Miles
Davis, Wynton
Marsalis, Brad
Mehldau, Lee
Morgan, Horace
Silver and McCoy
Tyner. Il primo pezzo che impara da solo e ad orecchio è "Well,
You Needn't" di Thelonius Monk.
Non
esistono parole per preparare il lettore ad assistere alle esecuzioni
di Joey Alexander, preferisco quindi fermarmi qui e lasciare spazio
ai video di Joey, ringraziando Dio o chi per lui per aver fatto dono
all'umanità intera di questa “rivelazione”.
Joey Alexander’s album "My Favorite Things" was nominated for a GRAMMY in two categories: Instrumental Jazz Album and Best Improvised Jazz Solo. Joey is the youngest ever GRAMMY nominee in a jazz category!
RispondiEliminahttp://joeyalexandermusic.com/joey-is-nominated-for-two-grammys/