Il confine
che delimita, da un punto di vista eziologico, sintomatico, diagnostico e
persino normativo, le intolleranze dalle allergie alimentari, è spesso labile e
poco definito. In linea di massima, possiamo dire che nell’allergia ad un
determinato alimento, l’organismo reagisce all’ingestione dello stesso, con una
risposta infiammatoria che spesso interessa diversi organi e che è mediata dal
sistema immunitario. Nel caso delle intolleranze invece, di solito è interessato
solo un organo o apparato, come ad esempio l’intestino tenue nella celiachia e
non vi è mediazione da parte del sistema immunitario. Ciononostante, vi sono
diverse scuole di pensiero che tendono a spostare dall’una o dall’altra parte
della “barricata”, le diverse patologie. Nel caso della intolleranza al
glutine, ad esempio, secondo
la più recente definizione dell’ESPGHAN del 2012, (Hubsky et al, 2012) “la celiachia è un disordine sistemico
immuno-mediato provocato dall’ingestione di glutine e/o prolammine simili, in
individui geneticamente predisposti”. In molti casi, d’altra parte,
l’intolleranza al glutine, è considerata un disordine circoscritto all’apparato
gastrointestinale, ovvero all’intestino tenue anche se poi, i danni alla mucosa
intestinale causati dall’intolleranza, che si riflettono in un malassorbimento
di tutti i nutrienti, alla lunga finiscono per coinvolgere l’intero benessere
psicofisico del soggetto con problemi secondari generalizzati e diffusi anche
ad altri organi (dermatiti, patologie
autoimmuni secondarie etc).
Il legislatore, nel normare da un punto di vista giuridico questo
settore, si è focalizzato essenzialmente sulle “allergie alimentari”,
tralasciando il tema delle intolleranze, fortunatamente con la dovuta eccezione
proprio della celiachia che è stata, recentemente, riconosciuta, come malattia
sociale ed è, in termini statistici, la più diffusa intolleranza alimentare a
livello mondiale.
Lo spettro dello scibile in tema d’intolleranze alimentari in gelateria
è quindi estremamente vasto e sarebbe impossibile trattarlo esaurientemente ma
soprattutto in maniera precisa, completa e dettagliata in un solo articolo. Ci
limiteremo, questa volta, a parlare solo delle
intolleranze alimentari, focalizzandoci in particolar modo, soprattutto su
quelle di maggiore interesse, sia per diffusione sociale che per maggiore
attinenza in gelateria, ovvero l’intolleranza
al glutine e l’intolleranza al lattosio, dando dei cenni introduttivi
generali su cosa sono questi disturbi, la differenza con le allergie e la
normativa di riferimento cogente, ovvero gli obblighi giuridici che il
gelatiere ha, nel tutelare eventuali avventori che dovessero esserne affetti,
rimandando ad un articolo successivo l’approfondimento sulle allergie e le
altre forme d’intolleranza.
Differenza fra allergia e intolleranza
alimentare
Secondo l’European Food Information Council (EUFIC), “la reazione
negativa al cibo è spesso erroneamente definita allergia alimentare. In molti
casi è provocata da altre cause come un’intossicazione alimentare di tipo
microbico o un’intolleranza ad un determinato ingrediente di un alimento”. Nel definire quindi, che cosa sia una
intolleranza alimentare è bene avere chiara la differenza fra quest’ultima e le
allergie, solitamente ben più gravi, sia da un punto di vista sintomatico che
per il tipo di riposta infiammatoria innescata. L’EUFIC infatti, prosegue
dicendo: “L’allergia alimentare è una
forma specifica di intolleranza ad alimenti o a componenti alimentari, che
attiva il sistema immunitario. Un allergene ovvero una proteina presente
nell’alimento a rischio che nella maggioranza delle persone è del tutto
innocua, provoca, nel soggetto allergico, una catena di reazioni del sistema
immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il
rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari
sintomi: prurito, naso che cola, tosse o asma (Fig. 1)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioBzSPjjk-Ev94Et7QbT122WBK8ZRXsfZPttRWL5WQ4zDRuHFOWnpYuY2_r8czCCJdyD8jNze-c1v9IKpad8sV1ROyQ-QDTuDqM2MwpbEuYdP5XNQireovrS9H4GDSUrA-bsXa4jCsBo4/s280/SCHEMA+REAZIONI+ALLERTGICHE+ALIMENTI.jpg)
Fig. 1
Le allergie agli alimenti o ai componenti
alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi
anni di vita”.
Nell’allergia alimentare, quindi, la
reazione dell’organismo, all’introduzione di un alimento, normalmente innocuo
per la maggior parte delle persone, viene invece percepita, come una minaccia,
attivando una serie di reazioni che
coinvolgono il sistema immunitario. La reazione dell’organismo all’ingresso
di questa “minaccia” ovvero di un allergene, stimola, la produzione di
anticorpi, in pratica proteine che si legano ad altre proteine, ovvero agli
allergeni, per poterli rendere innocui e quindi eliminarli. In questo complesso meccanismo, una particolare categoria di anticorpi
che prende il nome di immunoglobuline E ( Ig
E ), reagisce con l’allergene
scatenando una ulteriore reazione con i mastociti (cellule dei tessuti), i leucociti basofili e le piastrine (cellule del sangue) . I mastociti, detti
anche mastocellule (dal tedesco mastzellen, "cellula
infarcita"), di forma tondeggiante, localizzati al livello del tessuto
connettivo, ovvero al di sotto del rivestimento epidermico di naso, gola, apparato
respiratorio, occhi e intestino, a seguito del contatto diretto o indiretto con
l’allergene, rilasciano una sostanza chiamata istamina o altre sostanze quali i leucotrieni e le prostaglandine,
che provocano reazioni, come appunto l’asma, gli starnuti il prurito o
l’arrossamento. Le reazioni negative sono immediate e di solito localizzate.
Alcune reazioni allergiche impiegano varie ore o addirittura giorni a
manifestarsi dopo l’esposizione ad una proteina estranea. In questo caso
parliamo di "reazioni di
ipersensibilità ritardata". Fortunatamente, nella maggior parte dei
casi, la reazione allergica è di forma lieve, alcune volte però, può essere
molto seria ed in rari casi addirittura letale ( vedi shock anafilattico).
L’incidenza delle allergie alimentari nella
popolazione, sulla base di diversi studi e trials
clinici condotti in doppio cieco, ovvero alternando l’assunzione dell’allergene
con un placebo (una sostanza
somministrata al paziente come farmaco ma priva di principi attivi), è di
circa l’1 - 2%. Apparentemente non sembra tanto, ma proviamo a pensare che in
gelateria, ogni 100 persone che entrano, come minimo, una o due di queste
soffrono di una qualche forma più o meno grave di allergia alimentare. Nel
bambini piccoli e negli adolescenti, questa percentuale, fra l’altro, sale di
diversi punti, fino a collocarsi in una media fra il 3 ed il 7%.
Fortunatamente, molte di queste allergie alimentari, manifestatesi in età
pediatrica, scompaiono o comunque si affievoliscono molto, nel corso
dell’adolescenza.
Sebbene le allergie alimentari possano manifestarsi,
praticamente con qualsiasi alimento, ne esistono alcuni per cui, le possibilità
di scatenare una reazione allergica nei soggetti predisposti, sono maggiori.
Fra i principali “allergeni alimentari”
ricordiamo le uova, la frutta, le
arachidi, la soia, il grano, il latte vaccino e vari tipi di noci e nocciole.
In particolare le noci o le arachidi,
sono note per essere causa, di reazioni allergiche particolarmente gravi, fino
allo shock anafilattico.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQGbGlq9r-7IjPW55wr_dGZoF8XCnqltwEKyQs-ppn1nPUQ2s_fwgCRKb9INvXe7Mjae-nu4686HboKR0G6-aI0uAjK2Hr58A_ppp5cPoWORhZZ3g-YUD0uDQAG0npybZOz4gK2Xu1s2E/s280/Arachidi+gelato.jpg)
Dopo aver chiarito che cosa sia un’allergia alimentare
e i suoi meccanismi, possiamo dire che nel caso delle intolleranze alimentari invece, la reazione infiammatoria
dell’organismo all’allergene, non è
mediata dal sistema immunitario. La diffusione nella popolazione inoltre è
solitamente molto maggiore. Da un
punto di vista storico-statistico, infatti, un significativo aumento delle
intolleranze alimentari, si è avuto a partire dal 1940, quando le abitudini
alimentari, degli italiani, sono
cominciate a cambiare. L’introduzione degli alimenti da industria alimentare e
l’utilizzo di additivi quali conservanti, coloranti, antiossidanti, ha
sensibilmente incrementato le intolleranze, che permangono maggiormente
presenti nei paesi più industrializzati, rispetto ai paesi in via di sviluppo. Al
giorni d’oggi, in termini probabilistici, qualunque cliente entri in gelateria, potrebbe
essere più o meno intollerante ad un qualche ingrediente presente nel gelato.
In realtà va precisato che
il gelato è un alimento particolarmente a rischio allergeni, proprio perché
preparato con uova, latte, frutta secca o a guscio (sostanze inserite nella legge 114/2006). Il rischio contaminazione,
ad esempio per il celiaco, potrebbe derivare non solo dalle materie prime ma
dalla presenza in tracce, di glutine in alcuni stabilizzanti utilizzati nella
produzione, oppure nell’utilizzo di latte in polvere o dei comuni semilavorati
in gelateria. Spesso infatti, quando guardiamo la lista ingredienti di un gelato,
ci focalizziamo sulle uova, il latte, la frutta. Tutti ingredienti, privi di
glutine ma ci dimentichiamo della possibile di contaminazione in tracce,
derivante non dalle materie prime ma bensì dagli additivi o da passaggi nella
produzione di determinati ingredienti.
Nella seguente tabella riassuntiva
vengono elencate le diverse tipologie di prodotti di possibile utilizzo in
gelateria e la loro idoneità per il consumatore celiaco.
Fra le diverse intolleranze, le due più frequenti, oltre che per incidenza,
anche per ordine d’importanza, sono proprio l’intolleranza al glutine e quella al lattosio. Fra l’altro entrambe sono di rilievo per il gelatiere, proprio
perché coinvolgono due fra gli ingredienti, maggiormente utilizzati nella
produzione del gelato e dei supporti (coni,
cialde etc.).
Intolleranza alimentare al lattosio
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhU_mTLiFaIfVGbEqRDc6t4qzQl-iVmiokaQ6_jf0VpamZNF08HJLwMs_daBDJsrciLmms3rVdwyx9Nd2Kfy9fhe85Cjze5loAfseI7RYWx7uaoVGF7wKrglCr9Ameuhy4PJhO-pO6q6KA/s280/Intolleranza+al+lattosio.jpg)
A
norma di legge per “latte alimentare” deve
intendersi (art. 15 r.d. 994/9 maggio 1929) “il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa,
della mammella di animali in buono stato di salute e di nutrizione”. Con il
termine latte si intende quello prodotto dalla vacca, ovvero il cosiddetto
“latte vaccino” mentre quello proveniente da altri animali porta la
denominazione della specie animale che lo produce. Come ogni altro tipo di
latte, anche quello vaccino, comunemente utilizzato nella produzione gelatiera
è una miscela complessa di componenti di varia natura, presenti sia allo stato
di soluzione vera (sali, vitamine
idrosolubili, sostanze azotate non proteiche, zuccheri), sia allo stato
colloidale (proteine e parte dei fosfati
e citrati di calcio) sia allo stato di fine emulsione (lipidi e vitamine liposolubili). Il latte di vacca, è mediamente composto dal
3,3 – 4% di grassi, 2,8 – 3,3% di proteine, 4,8 – 5% di carboidrati, 0,6 – 0,8%
di Sali minerali, e la restante parte 86,9% - 88,5% di acqua (Fig.
2). L’intolleranza alimentare al lattosio, riguarda proprio quel 4,8-5%
di carboidrati, ovvero di zuccheri ingeriti e vediamo come questo avviene.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN8hQuRB8PeFI3JJWJ3zyIxCVUdr2T_eBlePXaVyRYozVCnRmnx5CKuGzuMraOucRFGzN4mxbAyCORAkLaOeSTCTndZnd00XOFGu103DU5EWgnJx90En0-bR4j7e_bISscEFJNsuswUeI/s280/Composizione+latte+vaccino.jpg)
Fig. 2
Il lattosio rappresenta la quasi totalità degli
zuccheri presenti nel latte vaccino, con una percentuale del 98% sul
quantitativo complessivo di carboidrati. Si tratta di un carboidrato semplice
disaccaride, costituito da due monosaccaridi ( Glucosio e Galattosio). L’indice
glicemico del lattosio, ovvero la velocità con cui esso è assimilato dall’organismo
umano è pari a (46) ed è circa la metà dell’indice glicemico del glucosio
(100).
Riguardo al consumo di latte in età adulta, va fatta
una precisazione doverosa. Tutti i mammiferi ad eccezione dell’uomo, una volta
terminato lo svezzamento, cessano di consumare latte. Anche perché le ghiandole
mammarie, della madre, smettono di produrne. L’uomo fa eccezione a questa
regola, continuando a consumare latte, anche in età adulta, seppur di specie
diversa. Secondo molti Biologi, l’introduzione del latte extra-specie, ovvero
di una specie diversa, nell’alimentazione umana, è un fatto cronologicamente
piuttosto recente e risalirebbe ad una mutazione genetica, avvenuta non più di 7000
anni fa. In pratica, qualche migliaio di anni addietro ci sarebbe stata una
mutazione genetica che avrebbe consentito la digestione del latte anche in età
adulta, cosa che prima non era possibile.
Una volta ingerito il latte, infatti, affinché il
lattosio venga scisso nei due zuccheri semplici (glucosio e galattosio) e quindi possa essere immesso in circolo
per essere poi assorbito, è necessario un enzima presente a livello
dell’intestino tenue, detto lattasi.
La mutazione genetica che avrebbe consentito la persistenza della lattasi,
anche in età adulta, non sarebbe diffusa omogeneamente fra la popolazione e ciò
spiegherebbe la ragione per cui esistono individui privi di lattasi in età
adulta, ovvero incapacitati a digerire il lattosio, mentre altri no. In pratica,
mentre nella persona “non intollerante”, il lattosio viene scomposto a livello
dell’intestino tenue, dalla lattasi, in glucosio e galattosio, che entrano
subito in circolo ematico, nei soggetti intolleranti al lattosio, dove
l’attività enzimatica della lattasi è ridotta o in alcuni casi assente, il
lattosio prosegue il suo percorso intestinale fino all’intestino crasso, dove
subisce una fermentazione ad opera della microflora intestinale locale. Questo
comporta sintomi come gonfiori crampi addominali, flatulenza o diarrea.
Secondo alcuni studi, circa il 70% della popolazione
mondiale, soffrirebbe di una più o meno ridotta attività dell’enzima lattasi.
In Europa, sarebbe invece il 5% della popolazione a manifestare carenza di lattasi,
con significative variazioni in base al paese ed al ceppo di origine. Numeri
che, fra l’altro, sono in aumento nel vecchio continente, ma non solo. Appare
evidente, quindi, che il gelatiere artigianale, dovrà prestare particolare
attenzione al fatto che molti dei suoi clienti, potrebbero essere intolleranti
al lattosio. Anche in questo caso, una offerta parallela alla tradizionale
produzione di gelato, che tenga conto delle necessità, di questo tipo di
clientela, può essere un buon modo per differenziarsi dalla concorrenza e
ritagliarsi una posizione di nicchia, nel mercato del gelato della propria
zona.
Intolleranza al lattosio:
“legislazione e obblighi”
Dal 13 Dicembre 2014, al termine dei tre anni
di periodo transitorio dato dal legislatore per adeguarsi, diventerà legge,
ovvero “norma cogente”, il Regolamento Europeo 1169/2011 (in vigore dal 2011) che obbliga chiunque tratti
alimenti, a produrre un’etichetta completa, chiara e dettagliata che includa
l’indicazione degli allergeni.
Fermo restando
che, come abbiamo sottolineato in precedenza, quasi tutti gli ingredienti
possono dare, nei soggetti predisposti, intolleranze ma che solo alcuni
ingredienti possono dare allergie alimentari, la comunità europea, con la
direttiva allergeni Dir.
2000/13/CE e successive modifiche ( quali
Direttiva
2001/101/CE, Direttiva2002/67/CE, Direttiva 2003/89/CE, Direttiva 2006/107/CE,
Direttiva 2006/142/CE, Regolamento (CE) n. 1332/2008, Regolamento (CE) n.
596/2009 ), ha imposto l’obbligo di indicare, sulle etichette dei prodotti
sfusi, ogni sostanza che appartenga all’elenco (Fig. 3) dei potenziali
allergeni (così come riportato
nell’allegato III del Dlgs n. 114 dell’8 febbraio 2006, in attuazione delle
direttive 2003/89/CE, 2004/77/CE e 2005/63/CE in materia di indicazione degli
ingredienti contenuti nei prodotti alimentari - GU n.69 del 23-3-2006 - entrato
in vigore il 7/4/2006 ), al fine di assicurare un’informazione adeguata e
raggiungere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHbM7QNUDA8OfBBkk5enKqWCtk9a-S0N_DTqbzzGZyYb0iv6DRLp0rXlJ0oQV_G-v_jqe-3FuuN5lGfDM2JrW7xWmHgrZWB0OKNfYUTx9PFzfXVjfI-3YkJsoBVJFkwmFSvWyRhA1qFHk/s280/ELENCO+ALLERGENI.jpg)
Di
fatto, secondo il Regolamento Europeo 1169/2011, la redazione
di un etichetta alimentare dovrà essere basata su criteri di assoluta
trasparenza ai fini della salvaguardia della salute dei consumatori. L’obbligo
sarà quindi, non solo per il prodotto confezionato, ma anche per la vendita
sfusa (gelaterie, pasticcerie ecc.).
Il cliente dovrà sempre avere a disposizione il libro-giornale degli ingredienti, conoscerne l’origine e le
indicazioni allergeniche.
Ricordiamo infine, a riguardo soprattutto della prevenzione del rischio
intolleranza al lattosio e quindi in merito alla corretta informazione al
cliente, di esporre nella gelateria, il “Cartello Unico”, (Fig. 4) degli
ingredienti. Lo schema
di cartello unico degli ingredienti che rientra negli strumenti previsti dalla
normativa europea (Regolamento
Europeo 1169/2011) e nazionale (D.lgs. 109/1992) sulla
etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari a tutela del consumatore,
dovrà essere esposto ben visibile al pubblico in tutti gli esercizi in cui si
vendono per asporto prodotti di gelateria, pasticceria, panetteria e
gastronomia. A partire dal 13 dicembre 2016, , sempre in base al
Regolamento Europeo 1169/2011, vigerà l’obbligo, per i
produttori, di redigere anche “una dichiarazione nutrizionale”.
Fig. 4
Intolleranza alimentare al glutine (Celiachia)
Il termine
"celiaco" deriva dal greco koiliakós, "addominale",
ed è un vocabolo introdotto nel 1800, grazie alla traduzione di un testo medico
antico, redatto nel primo secolo d.c. da
parte del medico Areteo di Cappadocia, il quale la denominò “diatesi celiaca”,
ovvero “alterazione intestinale”.
Secondo alcuni
studiosi, le origini storiche della malattia celiaca risalirebbero a circa
10.000 anni fa quando fu introdotta la coltivazione dei cereali nella zona
della cosiddetta “Mezza Luna Fertile” (Siria, Israele, Iran, Iraq). In seguito,
tale coltivazione si estese in tutta Europa, diffondendo, di conseguenza, la
malattia in tutto l’occidente. Storicamente, la celiachia era
molto meno diffusa di adesso ed in molti si sono chiesti il perché dell’incremento
della diffusione di questo disturbo. Una chiave di lettura la da certamente la
genetica, ma non può essere considerata la sola responsabile. Certamente la
predisposizione genetica ha la sua importanza, come fra l’altro è stato
dimostrato dall’individuazione di alcuni geni coinvolti, sul cromosoma 6 (Sollid et al, 2005;
Louka et al, 2003; Trynka et al, 2010; Bourgey et al, 2007; Margaritte et al,
2004), ma pare che anche l’ambiente abbia giocato e giochi
un ruolo importante nello sviluppo della malattia. Il prolungato allattamento
al seno, fino ai quattro anni, nell’antichità e fino a un anno di età, agli
inizi del secolo scorso, costituiva, ad esempio, un fattore protettivo, dovuto
probabilmente alle difese immunitarie trasmesse dalla madre al piccolo
attraverso il latte, e che oggi è andato perso. L’elevata mortalità infantile
dei bambini, intolleranti al glutine, inoltre, non consentiva il diffondersi
della predisposizione genetica. Non bisogna inoltre dimenticare
che secoli addietro i cereali, venivano assunti, solo a seguito di lunghe
fermentazioni acide oppure di prolungate cotture, che inattivavano in maniera
totale o parziale l'attività tossica, o almeno quella allergenica del glutine. Oggi,
la nostra alimentazione è completamente cambiata rispetto al passato. Il
diffondersi di molti prodotti a base di grano duro, ricchi di glutine ed una
cottura spesso insufficiente, hanno contribuito al diffondersi
dell’intolleranza.
L’Associazione Italiana Celiachia (AIC), attualmente la principale
organizzazione indipendente italiana che si occupa d’intolleranza al glutine e
della tutela delle persone affette, in un recente studio, ha stimato che
l‟incidenza della Celiachia nella popolazione è di un caso ogni 100/150
individui. I celiaci italiani, sarebbero quindi, fra le 400.000 e le 600.000
unità. Un numero considerevole ed in costante aumento, sebbene, per molti
epidemiologi, sottostimato. Il Professor Richard Logan, ebbe a dichiarare, nel
1992, che “la celiachia è come un
iceberg, la cui punta è costituita dai soggetti diagnosticati ed il sommerso da
quelli non riconosciuti”.
Ma che cos’è esattamente la
celiachia ?
Meglio definita come “intolleranza al glutine”, la
celiachia in realtà è una intolleranza ad alcuni tipi di proteine di cui il
glutine è costituito, ovvero le “prolammine”. Tali proteine, contenute in
alcuni cereali, per ingestione indurrebbero in individui geneticamente
predisposti, il morbo celiaco. Il glutine (dal
latino gluten = colla), è una proteina che si origina
dall'unione, in presenza di acqua ed energia meccanica, di due tipi di proteine:
la gliadina e la glutenina, prolammine
presenti principalmente nell'endosperma delle cariosside di cereali quali frumento,
farro, segale, avena e orzo. I
celiaci, a seguito d’ingestione di quantitativi anche minimi di prolammine,
sviluppano dei danni più o meno marcati alla mucosa dell’intestino tenue (Fig.
5)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEm3HPpsuAzfYpdZYExzRgFCrikEJlmVLawH7eX10WNR04F28cA4GwinkRGuvWtI6Hm2eq_kj2mtaSOGig_o7MPS5LBRzDMx4gMAV7ti5Qr2_LpquqOIcZ8djXv3RBlskCihLwuIiXnH8/s280/Celiaco.jpg)
L’alterazione morfologico-funzionale della parete del
lume intestinale, comporta una sintomatologia immediata come gonfiore
addominale, crampi, diarrea, ma a causa dell’alterazione nell’assorbimento dei
principali nutrienti, può portare nel tempo, a patologie autoimmuni, quali
ileite ulcerativa, dermatite erpetiforme o addirittura a neoplasie
dell’intestino tenue. Attualmente si stima che l’80% degli ammalati di
celiachia non ne sia consapevole.
Nel soggetto intollerante, una
volta ingerito un qualunque alimento contenente glutine ed una volta che il
“bolo alimentare” raggiunge il primo tratto intestinale, ovvero quello
dell’intestino tenue, le pareti di rivestimento di quest’ultimo si danneggiano,
precludendo le normali funzioni di assorbimento dei nutrienti essenziali quali
grassi, proteine e carboidrati. I sintomi includono astenia (debolezza), crampi
e dolori addominali, diarrea e perdita di peso. L’esclusione di alimenti
contenenti glutine, gradualmente porta alla remissione dei sintomi ed
all’autoriparazione dei danni intestinali.
L’intolleranza al glutine può comparire sia nel
bambino che nell’adulto a qualunque età. Solitamente la celiachia nel bambino, compare
dopo lo svezzamento a distanza di un mese dalla prima introduzione del glutine.
La sintomatologia nella maggior parte dei casi, evidenzia
un quadro clinico caratterizzato da diarrea, vomito, anoressia, irritabilità,
arresto della crescita o calo ponderale. Nell’adulto invece, la celiachia può
comparire a qualsiasi età, solitamente a seguito di un forte stress o di una
infezione intestinale
Intolleranza al glutine:
“legislazione e obblighi”
Come già ricordato per l’intolleranza al lattosio,
così come per qualunque altra eventuale e potenziale intolleranza in gelateria,
la normativa principale a cui bisogna fare riferimento è il D.lgs. 109/1992 e soprattutto il nuovo Regolamento Europeo 1169/2011 che obbliga chiunque tratti alimenti, a produrre
un’etichetta completa, chiara e dettagliata che includa l’indicazione degli
allergeni a margine di ciascun ingrediente o per diversa sua fonte. Il testo attuale del regolamento (UE) n. 1169/11, d‘altra parte, non
sembra lasciare molto spazio al buon senso. Viene infatti prescritto di
ripetere la presenza di ingredienti allergenici, pur già segnalati, in
relazione a ogni loro specifica fonte: ingredienti, additivi, coadiuvanti o
altro.
Nel caso della celiachia, è importante quindi,
per il gelatiere, garantire la corretta comunicazione degli ingredienti
presenti nel gelato ed in tutti quei composti ove è presente glutine, anche in
tracce. Ogni
prodotto deve essere accompagnato da relativa composizione che può essere
riportata in un cartello vicino ad ogni singola preparazione, nei pressi della
vetrina espositiva, con il cartello unico ben visibile o con qualunque altro
metodo che permetta un facile ed intuitivo collegamento tra singolo prodotto ed
indicazione dei rispettivi ingredienti ed eventuali allergeni, come il glutine
nel caso specifico.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvLdNuLO4QF2n_YpL3IGw58n4Ps-N2BNr95_9DcdC_jrLHxANNM1_SlWCDg7Nr7Rd57X8d7By0YOkLX0W-DYNzuc-s0NoSxUHiWJ_EiiR0a09W1LR0jerqhm53jhyq6Qhh2ZWBz9xmHjU/s280/GEL.png)
La preparazione di un gelato privo di glutine, ad ogni modo, presuppone
un’attenzione e spesso, laddove possibile, una suddivisione delle linee produttive,
che non si può improvvisare. Tutte le fasi di produzione di un gelato privo di
glutine, dovranno essere perfettamente separate da quella del gelato
tradizionale, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime, al
trasporto che dovrà garantire contenitori a chiusura ermetica perfetta, allo
stoccaggio, alla produzione sino ad arrivare agli utensili adoperati nella fase
di somministro. In quei casi in cui, per diverse ragioni non sarà possibile
differenziare le due linee produttive, esse dovranno essere diversificate nel
tempo e i processi di pulizia e sanificazione dei macchinari e degli utensili,
rigorosi controllati ed inclusi come punti critici CP, nel piano di
autocontrollo, proprio per evitare qualunque contaminazione crociata in tracce,
di glutine.
A tal proposito ricordiamo che l’AIC (Associazione Italiana Celiachia)
ha varato un progetto interessante e già attivo, che mira a creare un network di gelaterie informate e
sensibilizzate, sulle modalità di preparazione e somministrazione del gelato
privo glutine. In suddette gelaterie che espongono un logo (Fig. 6), il personale ha
seguito corsi appositi, tenuti da personale qualificato AIC, sui requisiti e le
modalità di preparazione di un gelato sicuro e privo di glutine.
( di Mario Albano )