L'altro giorno mi è capitato di leggere un interessante articolo de "Il Sole 24 Ore " in cui si dimostrava, dati alla mano Eurostat, come gli italiani, siano il popolo più solo d'Europa
Italiani popolo di santi, poeti, navigatori e
persone sole. Ad aggiungere la quarta categoria al noto refrain è
Eurostat. Istituto europeo di statistica che ha diffuso i risultati di
una survey sulla solitudine delle persone, relativi al 2015, che vedono
l’Italia in testa alla classifica. E per cercare di capire quali possano
essere le cause di questo fenomeno, Infodata li ha incrociati con alcuni altri indicatori, sia economici che sociali. Risultato? È la povertà che ci rende soli.
Intanto, il dato generale. Il 13,2% degli italiani over 16 non ha una
persona alla quale chiedere aiuto. Si tratta della percentuale più alta
a livello continentale, con un valore medio che si attesta al 6%.
Ancora, l’11,9% di chi vive in Italia non ha qualcuno con cui parlare
dei propri problemi personali. In questo caso va peggio in Francia, dove
si arriva addirittura al 17,7% della popolazione, contro una media
europea del 6,1%.
In buona sostanza, un italiano su otto si sente solo.
Vuoi perché non può rivolgersi a nessuno per chiedere aiuto, vuoi
perché non ha un amico o un familiare con cui parlare dei problemi più
intimi. Una quota di solitudine doppia, in termini percentuali, rispetto
alla media europea. Al di là delle facili battute su quanto possa
essere socievole un popolo di poeti e navigatori, Infodata ha
provato ad incrociare i numeri sulla solitudine con altri indicatori.
Anche questi relativi al 2015. Obiettivo, cercare di capire quale possa
essere la causa di questo sentimento.
Il primo elemento riguarda le persone a rischio di povertà o di
esclusione sociale. Quelle cioè che hanno un reddito inferiore al 60%
del reddito mediano nazionale. Il risultato, rappresentato in questa
infografica, dice che col crescere della povertà aumenta anche il numero
di persone che dichiarano di essere sole.
Utilizzando il filtro in alto è possibile muoversi tra i due
indicatori. Ovvero concentrarsi su chi non ha persone a cui chiedere
aiuto o su chi non ha amici con cui confidarsi. In entrambi i casi, con
un andamento più marcato nel primo, l’aumento del numero di persone a
rischio povertà si accompagna ad un incremento di quelle sole. E una
tendenza simile si ha prendendo in considerazione il tasso di
disoccupazione:
Anche in questo caso, una crescita della quota di persone senza
lavoro corrisponde ad un incremento di quella delle persone senza amici
cui chiedere aiuto o con i quali confidarsi. Certo, non mancano gli
estremi, che peraltro si “toccano”: Macedonia e Grecia hanno entrambe un
tasso di disoccupazione intorno al 25%. Ma nel primo caso una persona
su dieci afferma di non avere persone alle quali chiedere aiuto. Nella
patria della filosofia, invece, questa percentuale scende al 3,8%. E poi
c’è un aspetto curioso, che emerge guardando al reddito mediano:
La crescita del reddito si accompagna infatti ad un leggero
incremento della quota di persone che si definiscono sole. Una piccola
conferma empirica del detto secondo il quale i soldi non fanno la
felicità? O, almeno, la socialità? Sia come sia, quando manca il denaro è
più facile che le persone finiscano per ritrovarsi nella solitudine.
Senza cioè amici con cui parlare o ai quali rivolgersi in caso di
bisogno.
Amici che più facilmente sono quelli incontrati sui banchi di scuola e
che si conoscono da una vita. E che magari, con gli anni, si rischia di
perdere per strada. Col risultato che più cresce l’età mediana della
popolazione, più aumenta la quota di persone che si dichiarano sole:
Anche in questo caso l’Italia, Paese più vecchio dopo la Germania,
rappresenta l’esempio più lampante. Popolazione più anziana, popolazione
più sola. C’è però un elemento che sembra invece correlare
positivamente con la solitudine. Nel senso che, quando cresce, riduce la
quota di persone che si dichiarano sole. Si tratta del titolo di
studio:
L’aumento della quota di laureati si accompagna infatti con una
riduzione delle persone “affette” da solitudine. Caso tipico, l’Italia:
una percentuale di cittadini che hanno concluso l’università tra le più
basse d’Europa e una di quelli che si dichiarano soli tra le più alte.
Per finire, Infodata ha provato ad incrociare i dati anche con un
indicatore relativo alla salute. Il risultato è questo:
La quota di persone che affermano di percepire il proprio stato di
salute come cattivo non porta alcun cambiamento sul fronte della
solitudine. Che sembra invece dipendere in negativo dalle condizioni
economiche e in positivo dal titolo di studio. Quasi a dire che la
povertà ci rende soli, ma la cultura no.
LA PROPOSTA
Lancio un progetto:" Creare delle case dell'amicizia, sul modello delle case cantoniere,
magari proprio nello stesso colore rosso pompeiano, dislocate
capillarmente sul territorio", dove uno entra e sa che non verrà
criticato, non verrà avversato ma troverà amici veri, pronti ad
aiutarlo/a ed a supportarlo/a. Dei veri e propri " Centri di ascolto e di amicizia ". Secondo me funzionerebbe, la domanda c'è.
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