"TUMORE AL SENO: IN ITALIA COLPISCE UNA DONNA SU OTTO !".
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C'è d'aggiungere altro ?
Forse no a parte una descrizione tecnica scientifica.
Cos'è
Il seno è costituito da un insieme di ghiandole e tessuto
adiposo ed è posto tra la pelle e la parete del torace. In realtà non è una ghiandola sola, ma un insieme di
strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra loro a formare un
lobo. In un seno vi sono da 15 a 20 lobi. Il latte
giunge al capezzolo dai lobuli attraverso piccoli tubi chiamati
dotti galattofori (o lattiferi). Il tumore al seno è una malattia potenzialmente grave se non è
individuata e curata per tempo. È dovuto alla moltiplicazione
incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si
trasformano in cellule maligne. Ciò significa che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che
le ha generate per invadere i tessuti circostanti e, col tempo,
anche gli altri organi del corpo. In teoria si possono formare
tumori da tutti i tipi di tessuti del seno, ma i più
frequenti nascono dalle cellule ghiandolari (dai lobuli) o da
quelle che formano la parete dei dotti.
Tipologie
Sono due i tipi di cancro del seno: le forme non invasive e
quelle invasive.
Le forme non invasive sono le seguenti:
- DIN: neoplasia duttale intraepiteliale (carcinoma in
situ)
-
- Grado 1A (DIN 1A) = atipia epiteliale piatta (secondo alcuni
studi recenti questa forma dovrebbe essere considerata precancerosa
e non un vero e proprio tumore)
- Grado 1B (DIN 1B) = iperplasia duttale atipica
- Grado 1C (DIN 1C) = neoplasia duttale intraepiteliale ben
differenziato (grado 1)
- Grado 2 (DIN 2) = neoplasia duttale intraepiteliale
moderatamente differenziato (grado 2)
- Grado 3 (DIN 3) = neoplasia duttale intraepiteliale scarsamente
differenziato (grado 3)
- LIN: neoplasia lobulare intraepiteliale
-
- LIN 1 neoplasia lobulare intraepiteliale grado 1
- LIN 2 neoplasia lobulare intraepiteliale grado 2
- LIN 3 neoplasia lobulare intraepiteliale in situ
Le forme invasive sono:
- il carcinoma duttale: si chiama così
quando supera la parete del dotto. Rappresenta tra il 70 e l'80% di
tutte le forme di cancro del seno.
- il carcinoma lobulare: si chiama così quando
il tumore supera la parete del lobulo. Rappresenta il 10-15% di
tutti i cancri del seno. Può colpire contemporaneamente ambedue i
seni o comparire in più punti nello stesso seno.
- Altre forme di carcinoma meno frequenti sono il
carcinoma tubulare, papillare,
mucinoso, cribriforme. Hanno
prognosi favorevole.
Evoluzione
Il tumore del seno viene classificato in cinque stadi.
- Stadio 0: è chiamato anche carcinoma
in situ. Può essere di due tipi:
-
- Carcinoma lobulare in situ: non è un tumore
aggressivo ma può rappresentare un fattore di rischio per la
formazione successiva di una lesione maligna.
- Carcinoma duttale in situ (DCIS): colpisce le
cellule dei dotti e aumenta il rischio di avere un cancro nello
stesso seno. È considerato una forma precancerosa più che un vero e
proprio tumore. Nella maggior parte dei casi, infatti, non si
evolve verso un cancro vero e proprio ma regredisce spontaneamente
per azione dei meccanismi di difesa dell'organismo (in primo luogo
l'azione del sistema immunitario).
- Stadio I: è un cancro in fase iniziale, con
meno di 2 cm di diametro e senza coinvolgimento dei linfonodi.
- Stadio II: è un cancro in fase iniziale di
meno di 2 cm di diametro che però ha già coinvolto i linfonodi
sotto l'ascella; oppure è un tumore di più di 2 cm di diametro
senza coinvolgimento dei linfonodi.
- Stadio III: è un tumore localmente avanzato,
di dimensioni variabili, ma che ha coinvolto già anche i linfonodi
sotto l'ascella, oppure che coinvolge i tessuti vicini al seno (per
esempio la pelle).
- Stadio IV: è un cancro già metastatizzato che
ha coinvolto altri organi al di fuori del seno.
Se il tumore viene identificato allo stadio 0,
la sopravvivenza a cinque anni nelle donne
trattate è del 98%, anche se le ricadute variano tra il 9
e il 30% dei casi, a seconda della terapia effettuata. Se i
linfonodi sono positivi, cioè contengono cellule tumorali, la
sopravvivenza a cinque anni è del 75%.
Nel cancro metastatizzato, cioè quello che ha già colpito altri
organi al di fuori del seno (in genere i polmoni, il fegato e le
ossa), la sopravvivenza media delle pazienti curate con
chemioterapia è
di due anni, ma ciò significa che vi sono casi in cui la
sopravvivenza è molto più lunga, anche fino a dieci anni.
Sintomi
In genere le forme iniziali di tumore del seno non
provocano dolore. Uno studio effettuato su quasi
mille donne con dolore al seno ha dimostrato che solo lo 0,4% di
esse aveva una lesione maligna, mentre nel 12,3% erano presenti
lesioni benigne (come le
cisti) e nel resto dei casi non
vi era alcuna lesione.
Il dolore era provocato solo dalle naturali variazioni
degli
ormoni durante il ciclo.
Da cercare, invece, sono gli eventuali noduli palpabili o addirittura visibili,
anche se in genere questi sono segni di una forma tumorale già
avanzata e non di una forma identificata in fase precoce, quando è
più facile da curare. La metà dei casi di tumore del seno si
presenta nel quadrante superiore esterno della
mammella.
Importante segnalare al medico anche alterazioni del capezzolo
(in fuori o in dentro), perdite da un capezzolo solo (se la perdita
è bilaterale il più delle volte la causa è ormonale), cambiamenti
della pelle (aspetto a buccia d'arancia localizzato) o della forma
del seno.
La maggior parte dei tumori del seno, però, non dà segno di sé e
si vede solo con la
mammografia (nella
donna giovane, tra i 30 e i 45 anni, con l'aiuto anche dell'
ecografia).
Diagnosi
Il cancro del seno viene diagnosticato con la
mammografia e l'ecografia
mammaria: la scelta di quale dei due esami utilizzare
dipende dall'età, anche se nella maggior parte dei casi si
utilizzano entrambi. In alcuni casi specifici (per esempio di
fronte a mammelle molto dense o a lesioni difficili da
classificare) è possibile ricorrere anche alla risonanza
magnetica.
L'eventuale identificazione di
noduli o formazioni sospette
porta in genere il medico a consigliare una
biopsia, che può essere eseguita direttamente in
sala operatoria o in ambulatorio con un prelievo mediante un
ago inserito nel
nodulo che consente un
esame citologico o
microistologico. Nel primo caso (esame citologico)
si esaminano le cellule, nel secondo (microistologico) il tessuto:
questi esami consentono sia di stabilire la natura della malattia,
sia, con la microistologia, di valutarne le caratteristiche
biologiche.
Una particolare forma di biopsia è la cosiddetta biopsia
liquida o lavaggio dei dotti. Consiste
nell'introduzione di liquido nei dotti galattofori attraverso i
forellini presenti sul capezzolo. Il liquido raccolto dopo questo
"lavaggio" contiene alcune cellule della parete dei dotti stessi
che possono essere studiate al microscopio alla ricerca di
eventuali atipie. In questo modo è possibile valutare la presenza
di cellule atipiche in un'area della mammella più ampia di quella
che si riesce a coprire con la biopsia classica.
Come si cura
Quasi tutte le donne con un tumore del seno, indipendentemente
dallo stadio, subiscono un
intervento chirurgico
per rimuovere i tessuti malati. Nei casi in cui ciò è possibile si ricorre alla
chirurgia conservativa, cioè si salva il seno, ma
si asporta tutta la parte in cui si trova la lesione. Questa
tecnica è chiamata anche
quadrantectomia (o ampia resezione
mammaria) e consiste nella asportazione del tessuto mammario che
circoscrive la neoplasia. Deve essere seguita da una
radioterapia, che ha lo scopo di
proteggere la restante ghiandola mammaria sia dal rischio di
recidiva locale sia dalla comparsa di una nuova neoplasia
mammaria. Durante l'intervento il chirurgo può anche procedere ad
asportare i
linfonodi dell'ascella. Per sapere se questi
sono coinvolti si usa la tecnica del
linfonodo
sentinella, cioè si identifica il linfonodo che drena la
linfa dall'area dove è situato il tumore. Se all'analisi al
microscopio il linfonodo sentinella risulta privo di cellule
tumorali o ne presenta un piccolissimo aggregato (micro metastasi),
non si toccano gli altri, altrimenti si procede allo svuotamento
del cavo ascellare, cioè alla rimozione di tutti i linfonodi
ascellari.
Talvolta è necessario asportare più di un quadrante di seno: in
questo caso si parla di
mastectomia parziale o
segmentale e anch'essa viene fatta seguire dalla
radioterapia. Nelle forme iniziali di cancro
(stadio I e II), la quadrantectomia seguita da radioterapia è
altrettanto efficace dell'asportazione del seno. La maggior parte
delle pazienti con neoplasia intraepiteliale segue lo stesso
percorso. Forme più avanzate di cancro vengono trattate con l'asportazione
dell'intero seno, secondo una tecnica chiamata mastectomia radicale
modificata, che prevede l'asportazione della ghiandola, del
linfonodo sentinella e/o di tutti i linfonodi sotto l'ascella,
raramente di parte o di tutto il muscolo pettorale e spesso anche
della pelle sovrastante. In molti casi oggi è possibile salvare il
capezzolo e gran parte della cute con la tecnica della mastectomia
che conserva il complesso areola e capezzolo (
nipple sparing
mastectomy). La zona areolare viene protetta con una dose di
radioterapia mirata che può essere erogata direttamente in sala
operatoria nei giorni successivi. Sia con la chirurgia conservativa e sia nel caso di mastectomia
si procede alla
ricostruzione del seno:
in rari casi, se la donna deve sottoporsi a radioterapia, si tende
ad aspettare la fine della terapia, che può interferire con la
cicatrizzazione, altrimenti si procede alla plastica del seno nel
corso dell'intervento stesso. Dopo l'intervento chirurgico un'accurata valutazione istologica
e biologica è la base per definire le terapie mediche precauzionali
per ridurre al minimo il rischio che la malattia possa colpire
altri organi (metastasi a distanza).
Per questa ragione alla maggior parte delle pazienti viene
proposta una terapia con farmaci anticancro. La
chemioterapia è utile, ma non sempre è
necessaria e va prescritta dopo una valutazione personalizzata di
ogni caso. Si prescrive anche nelle forme iniziali (stadio I e II)
a scopo precauzionale e il guadagno, in termini di anni di
sopravvivenza, è maggiore rispetto alle forme di tumore più
avanzato. Negli ultimi anni si è diffuso anche l'uso della
chemioterapia neoadiuvante, ovvero somministrata
prima dell'intervento per ridurre la dimensione e l'aggressività
del tumore. La
radioterapia dura pochi minuti e va
ripetuta per cinque giorni la settimana, fino a cinque-sei
settimane di seguito. In genere il trattamento radioterapico può
essere combinato all'uso di farmaci.
Quando un tumore del seno viene
asportato, viene mandato in laboratorio per studiare le
caratteristiche biologiche, in particolare lo stato dei recettori,
per gli estrogeni
e per il progesterone, due degli ormoni femminili. Le pazienti il cui tumore
è positivo per i
recettori degli estrogeni possono
utilizzare farmaci che bloccano gli estrogeni come il
tamoxifene, che
viene prescritto in pillole per cinque anni dopo l'intervento.
Nelle donne in età fertile questo farmaco viene spesso associato ad
un inibitore LH-RH analogo che induce una menopausa temporanea. Vengono utilizzati anche altri farmaci con la stessa funzione,
chiamati
inibitori delle aromatasi, per ora
riservati alle
donne che sono già
in
menopausa. Il tumore viene esaminato dall'anatomo patologo
anche per individuare la
presenza di
un recettore chiamato HER-2/neu. Se questo è presente in
modo significativo è maggiore il rischio di incorrere in una
ricaduta. Per questa ragione si propone, da qualche anno, alle
donne positive per questo esame, di prendere un
farmaco biologico chiamato
trastuzumab, una sostanza che blocca i recettori e
impedisce al tumore di crescere. Altri
farmaci
biologici sono allo studio.
Chi è a rischio
Vi sono diversi
fattori di
rischio per il cancro al seno, anche se solo alcuni di
essi sono prevenibili.
L'
età : più del 75% dei casi di tumore del seno
colpisce donne sopra i 50 anni. La
familiarità : circa il 5-7% delle donne
con tumore al seno ha più di un familiare stretto malato
(soprattutto nei casi giovanili). Vi sono anche alcuni geni che predispongono a questo tipo di
tumore: sono il BRCA1 e il BRCA2.
Le mutazioni di
questi geni sono responsabili del 50 per cento circa delle forme
ereditarie di cancro del seno e dell'ovaio. Gli
ormoni: svariati studi hanno dimostrato che un
uso eccessivo di estrogeni (gli ormoni femminili per eccellenza)
facilitano la comparsa del cancro al seno. Per questo tutti i
fattori che ne aumentano la presenza hanno un effetto negativo e
viceversa (per esempio, le gravidanze, che riducono la produzione
degli estrogeni da parte dell'organismo, hanno un effetto
protettivo). Le
alterazioni del seno, le
cisti e i fibroadenomi che si possono
rilevare con un esame del seno non aumentano il rischio di cancro.
Sono invece da tenere sotto controllo i seni che alle prime
mammografie dimostrano un tessuto molto denso o addirittura una
forma benigna di crescita cellulare chiamata iperplasia del
seno. Anche l'
obesità e
il
fumo hanno effetti negativi.
Se il disturbo è benigno
Molte donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni mostrano segni di
displasia mammaria, un'alterazione benigna dei tessuti del seno che
non ha nulla a che vedere col tumore ma che può suscitare qualche
preoccupazione al momento della diagnosi. Esistono diverse forme di
displasia, la più comune delle quali è la malattia
fibrocistica.
Nella
displasia fibrocistica a piccole
cisti, più frequente tra i 30 e i 40 anni, sono presenti
cisti piccole, ripiene di liquido, più evidenti durante il periodo
premestruale. Può essere presente dolore.
Nella
displasia a grosse cisti, più frequente
nelle donne tra i 40 e i 50 anni, si osserva la presenza di una o
più grandi cisti, di forma rotondeggiante, a contenuto
liquido.
Il tumore
benigno più frequente è, invece,
il
fibroadenoma che compare soprattutto
tra i 25 e i 30 anni. Si presenta come un singolo nodulo, duro e
molto mobile, generalmente doloroso.
I sintomi che accompagnano le displasie e i fibroadenomi
sono:
• senso di tensione al seno;
• dolore della mammella;
• comparsa di noduli che la donna può "sentire" con la mano.
Quanto è diffuso
Il tumore al seno colpisce 1 donna su 8 nell'arco della
vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile e
rappresenta il 29% di tutti i tumori che colpiscono le donne. È la prima causa di mortalità per tumore nelle donne, con un
tasso di mortalità del 17% di tutti i decessi per causa oncologica
del sesso femminile (Dati Airc).
Prevenzione
È possibile ridurre il proprio rischio di ammalarsi con
un comportamento attento e con pochi esami di controllo elencati
più sotto. È bene fare
esercizio
fisico e alimentarsi con
pochi grassi e
molti vegetali (frutta e verdura, in particolare
broccoli e cavoli, cipolle, tè verde e pomodori). Anche
allattare i figli aiuta a
combattere il tumore del seno, perché l'
allattamento consente alla
cellula del seno di completare la sua maturazione e quindi di
essere più resistente a eventuali trasformazioni neoplastiche. La
mammografia
è il metodo attualmente più efficace per la
diagnosi precoce. Le Linee guida del Ministero
della salute suggeriscono di eseguire una
mammografia ogni 2 anni, dai 50 ai 69 anni
di età, ma la cadenza può variare a seconda delle considerazioni
del medico sulla storia personale di ogni donna. Nelle donne che
hanno avuto una madre o una sorella malata in genere si comincia
prima, verso i 40-45 anni. In anni recenti la discussione sulla
utilità della mammografia (che individua molti tumori, come i
carcinomi duttali in situ, che non avrebbero probabilmente bisogno
di trattamenti aggressivi) ha portato molti medici a considerare la
possibilità di suggerire età di esordio e frequenza della
mammografia sulla base delle caratteristiche della singola paziente
piuttosto che sulla base di linee guida e screening uguali per
tutte. L'
ecografia è un esame molto utile per
esaminare il seno giovane, dato che in questo caso la mammografia
non è adatta. Si consiglia di farvi ricorso, su suggerimento del
medico, in caso di comparsa di
noduli.
La risonanza magnetica viene riservata ai seni
molto densi o ai dubbi diagnostici, sebbene possa essere di grande
aiuto in casi specifici. La visita: è buona abitudine fare una
visita del seno presso un ginecologo o un medico esperto almeno una
volta l'anno, indipendentemente dall'età.
L'
autopalpazione: è una tecnica che consente
alla donna di individuare precocemente eventuali trasformazioni del
proprio seno. La sua efficacia in termini di screening è però molto
bassa: questo significa che costituisce un di più rispetto alla
sola visita e alla mammografia a partire dall'età consigliata, ma
non può sostituirle (
vai alla guida
all'autopalpazione). I
test genetici per la ricerca dei geni BRCA1 e
2, responsabili di alcune forme ereditarie di cancro del seno, sono
strumenti di prevenzione utili in situazioni particolari, in cui lo
studio della genealogia di una persona evidenzia specifiche
caratteristiche di trasmissione della malattia. Prima di sottoporsi
ai test genetici è necessario rivolgersi a un genetista esperto che
confermerà o smentirà l'utilità dell'esame. In caso di positività è
possibile rafforzare le misure di controllo con mammografie ed
ecografie molto ravvicinate per identificare il tumore in una fase
precoce qualora dovesse presentarsi oppure è possibile ricorrere,
in caso molto particolari, alla ovariectomia e/o mammografia
preventiva
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La dieta preventiva
Diversi studi scientifici hanno dimostrato l'utilità di una dieta
particolare nella prevenzione delle ricadute del cancro del seno in
donne già colpite. Ora si sta valutando l'utilità della stessa
dieta nella prevenzione primaria, ovvero in chi non ha ancora
sviluppato la malattia. Alla base di questa alimentazione c'è un
apporto elevato di fitoestrogeni (ormoni vegetali simili agli
estrogeni femminili che sono contenuti principalmente nella soia e
nei suoi derivati, ma anche nelle alghe, nei semi di lino, nel
cavolo, nei legumi, nei frutti di bosco, nei cereali integrali).
Inoltre vanno limitati gli zuccheri raffinati, che hanno l'effetto
di innalzare l'insulina nel sangue e quindi di indurre il diabete,
a favore di zuccheri grezzi e di amidi. Ancora: si consiglia di consumare molte crucifere (rape, senape,
rucola, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, ravanelli, cavolo)
perché agiscono in modo positivo nei confronti del metabolismo
degli ormoni. Infine è bene privilegiare il pesce rispetto alle altre proteine
animali, accompagnato da grandi quantità di fibre (attraverso il
consumo di frutta, cereali, verdura, legumi). Da limitare l'apporto
di latticini e uova, tenendo però d'occhio la quantità totale di
calcio per prevenire l'osteoporosi.