giovedì 30 agosto 2018

" NESSUNO TOCCHI UNICREDIT "


Stavo leggendo un interessante articolo di Polillo, sul sito formiche.net, dal titolo "Come la Francia sta facendo shopping di aziende in Italia". I dati riportati sono raccapriccianti. Sostanzialmente, in soli dieci anni, dal 2007 al 2017, a fronte di acquisizioni francesi in Italia, pari a 52,3 miliardi, l’Italia ha controreplicato con soli 7,6 miliardi. Un divario siderale che non può essere spiegato con la semplice disparità economica fra i due paesi. No! Qui c'è qualcosa di più.

Polillo nel suo articolo, infatti dice:" C’è un passo del libro di Roberto Napoletano – “Il cigno nero e il Cavaliere bianco” (edito da “La nave di Teseo“) – in libreria nei prossimi giorni, che non può passare sotto silenzio. Sostiene l’autore, riferendosi ad una parte dell’establishment francese: “Nei circoli internazionali il ragionamento politico prevalente dà per acquisito che i francesi vogliono conquistare il Nord dell’Italia e magari lasciare che il Sud diventi una grande tendopoli per gli immigrati di tutto il mondo”. Disegno cinico ed allarmante".

Certo, un disegno cinico e allarmante ma verosimile ed assai probabile. D'altra parte, nulla può un nemico straniero, contro un popolo fiero e compatto. L'unico modo per penetrare nelle fila delle legioni nemiche che si mostrano compatte è quello d'infiltrarle con miserabili traditori della patria. Purtroppo l'Italia ne ha avuti e ne ha a bizzeffe, in posti chiave istituzionali e decisionali.

Lo shopping francese, infatti, rischia di proseguire anche quest'anno, con l'acquisizione di Unicredit da parte della francese SocGen. D'altra parte non è un caso che l'amministratore delegato di Unicredit, al momento, sia un ex-legionario francese.

Quando l’AD Mustier arrivò in Unicredit, a seguito del "colpo di stato" del 2011 contro l’Italia, fu chiaro a tutti come un ex legionario, ufficiale dell’esercito francese, si dice vicinissimo ai servizi segreti d’oltralpe, fosse funzionale a portare in Francia tutto quello che era possibile predare da Unicredit. In effetti fu così: i fondi Pioneer, fra i più grandi al mondo vennero venduti ad Amundi/ Credit Agricole. Il governo Renzi incredibilmente bloccò la contro-offerta di Poste Italiane! Bank Pekao – la filiale polacca, un gioiello – venne invece costretta alla vendita dalla Polonia, imponendo unilateralmente limiti di solvibilità della casa madre inarrivabili per l’istituto di piazzale Cordusio. L’EU si guardò bene dal contestare come avrebbe dovuto (fosse capitato a D.B. si sarebbe mossa anche la Bundesbank).

Ora, Di Maio deve fare attenzione in quanto si gioca il primo asso, ossia la sua credibilità. Il premier ha detto che vuole mantenere l'occupazione in Italia ?  Bene, faccia attenzione che se SocGen comprerà Unicredit, l’occupazione a termine se ne andrà dall’Italia (la sede) così come l’ossigeno – i finanziamenti – per le PMI italiane.

Dunque, bisogna bloccare ogni tentativo di fusione, cambiando il management di Unicredit. Stesso discorso andrà fatto, a breve, anche per Assicurazioni Generali, progressivamente depauperata dei suoi asset da managers costantemente francesi e molto vicini a Vincent Bollorè, che voleva portarsi via Telecom Italia per un tozzo di pane.

Sarebbe – a volerlo fare – molto facile bloccarli: basterebbe invocare le stesse regole "asimmetriche" utilizzate dai francesi per evitare che Fincantieri comprasse STX, con la differenza sostanziale che STX prima era già di proprietà straniera (coreana). Altro passo, sostanziale per l'Italia, dovrebbe essere quello di liberarsi politicamente ed a livello istituzionale, di quei "traditori della patria", che negli ultimi dieci anni, hanno favorito la predazione dei più importanti asset nazionali a favore di corporate estere.

L’italianità di Unicredit è un problema strategico per l’Italia e non solo economico.

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